Simona Bertozzi, danzatrice e coreografa
Fede – Fides LEGAMI
Costruire relazioni
Creare ordini di parentela inediti, non consanguinei ma per mescolanza.
Tavola anatomica di Diderot e D’Alambert – L’Encyclopédie
Sfumare i contorni
Corpo in continuo stato creaturale, aurorale, che prende vita nel respiro e che incede nell’incompletezza.
Stato di quiete che è vibrante animalità.
Corpo che è nell’apertura.
E’ un sentire che è al contempo sentirsi.
Un tempo che si sente spazio.
Una necessità che si dà nella contingenza.
“Corpo cosmico: a poco a poco il mio corpo entra in contatto con tutto.
I miei glutei con la sedia, le mie dita con la tastiera, sedia e tastiera con il tavolo, il tavolo con il pavimento il pavimento con le fondamenta, le fondamenta con il magma centrale della terra e gli spostamenti delle placche tettoniche….
Mangiare non è incorporare ma aprire il corpo a ciò che si inghiotte, esalare il didentro in sapore di pesce e di fico…
Ogni volta corpo è altro e un altro dallo stesso che è in tutti i suoi avatar, in tutte le sue metamorfosi …
Corpo è grande battito di corpi stranieri (étranger) inspirati ed espirati, ansimati, inghiottiti e sputati…
E’ oriente e occidente, zenit e nadir, suddivisione e condivisione, regione dell’aria e infine STRANIERO (étranger) al mondo di cui porta il segreto…”
Jean–Luc Nancy Indizi sul corpo
Sostare nell’immediatezza. Questa mi pare essere la possibilità del corpo per accogliere un sentire originario. Quella condizione essenziale che sa, al contempo, di viscerale e sotterraneo, intreccio di eventi, simbiosi e mutazione.
Ne sorge la danza.
Una danza in cui si viene alla luce incessantemente, compromettendo la verticalità per accordature impreviste con l’attesa e lo strapiombo, con il disequilibrio e l’organizzazione repentina del peso. È una danza che richiede di essere porosi, per accogliere il transito di altre posture. In cui si sta sulla soglia e si approda al proprio gesto indossandolo dall’esterno, per poi riconsegnarlo, con chiarezza, allo spazio tra/degli altri corpi.
Il movimento è un processo di introiezione, embodiment e proiezione.
Il corpo è un tessuto connettivo.
Ci si affida allo sconfinamento come pratica necessaria per coniugare cura ascolto e universalità del gesto.
Per costruire forme di ritualità in cui l’azione individuale si propaga per necessità di ingresso in rapide aggregazioni comunitarie, facendo della diversità il dato climatico, biologico e sistemico imprescindibile.
Nel movimento mi affido a delle geometrie di appoggio, a quei piani e volumi dello spazio che, in forma invisibile, preesistono alla mia azione per poi riverberare e depositarsi in forma di scie, panneggio, calchi.
Costellazione di pelli.
In questa estensione dell’ascolto e del tocco, che ha spessore epidermico si creano quelle inattese condizioni di inerenza con l’altro da sé.
Epifanie di corpi stupefatti.
La grazia.
Quel tocco che giunge fulmineo e deposita, nel qui e ora, provenienza e proiezione. Che resta nella tattilità come l’improvvisa luce che penetra tra i rami.
Fonti bibliografiche che avrei portato con me:
-Indizi sul Corpo, Jean-Luc Nancy
-La vita delle piante, Emanuele Coccia
-Chiari del Bosco, Maria Zambrano
-Manifesto del terzo paesaggio, Gilles Clement