Sara Garagnani

Sara Garagnani, illustratrice

Riverberare

 

 

 

Testi all’arrivo: ogni artista, sollecitato/a dal testo Sfidare la fede, di Emmanuele Curti, ha contribuito con una raccolta di riflessioni, proprie e/o di altri autori, prima dell’arrivo in residenza.

(…) ogni inizio infatti

è solo un seguito

e il libro degli eventi

è sempre aperto a metà

(W.Szymborska)

La fede…

— risponde al bisogno di rassicurazione (paura della morte, vacillare di un senso della vita), che abita e pulsa spesso in una certa solitudine (impulso) + cfr. “senza di te tornavo come ebbro” – P.P.P. + “la fede è la dimensione tragica dell’esistenza”, tragica perchè sono in gioco* la vita e la morte.

— fa del bisogno un incontro (cit. Fernando Sabino / Pessoa) – con qualcuno che non si conosce (cioè anche qualcuno che ci è -ancora- distante).

— si tende tra la distanza (paura) e la vicinanza (bisogno, mitigato dalla “conoscenza”)

— “Cristo si propone come il figlio di Dio, e il culto della personalità è un po’ questo: divinizzare un uomo” (P.P.P.), forse (anche) questo consente di ridurre la distanza tra l’uomo e Dio (uomo creato a Sua immagine e somiglianza, un suo figlio, quindi “vicino” – che risponde a un bisogno di rassicurazione, e dell’essere amati).

— come linguaggio (la “parola di Dio” + termini “cattolici”, preghiere, sacre scritture..)

— come insieme di norme (legge, giudizio, punizione)

— che determina uno spazio (“non viviamo in un paese, viviamo in un linguaggio” E.Cioran) di cui prendiamo in prestito il senso

— come anestetico al dolore (e anche circolarmente dal dolore nascono impulsi); fede come sostanza/dipendenza (il senso delle cose)

— “il mito (come rimedio) è anticipazione, previsione, e prevedendo, l’uomo mitico sopporta il dolore e la morte, perché le inscrive all’interno di un senso unificante” – E. Severino (unificante cfr. vicinanza, appartenenza). Il mito nasce per difendersi dall’angoscia.

— richiede ascolto, attesa senza attesa, nudità

— e *scommessa (Pascal) e porta con sè il rischio, nonchè la paura, dell’inganno (gli “effetti” della nostra fede cadranno nel mondo percepibile o altrove, cioè dove noi non possiamo?)

— “sfida” il dolore del dubbio; la fede è un forse (il “so di non sapere”). Essere disponibili a camminare nell’ignoto.

— passaggio da dimensione collettiva (società) a individuale (io e Dio)…. “quando la vita smette di aiutarti” – F.De Andrè; e successivo (?) approdo dalla dimensione individuale a quella collettiva (condivisione, comunità, rito)

— “quando vengono scosse religione, scienza e morale, quando i sostegni eterni stanno per crollare, l’uomo distoglie lo sguardo dall’esteriorità e lo rivolge a se stesso” (W.Kandinsky) + radice greca “conosci te stesso” (Socrate)… e se lí non c’è nessuno, non puó salvarsi da solo, cerca fuori. Altrove (dove non sa).

— (una delle) relazioni con la fiducia: viene più facile avere fiducia insieme, vicini, agli altri, che non da soli.

— ma “non esiste vita che non possa fidarsi” (M. Cacciari), fede come affidamento, su chi/cosa? su/di qualcuno che potrà “salvarci” e che ci dia un senso.

— relazione tra fede e speranza (“se non aggiungessimo una terza parola, queste due da sole sarebbero mostruose (…) in nome del futuro radioso di esse, si sono compiuti i peggiori crimini dell’umanità (…) la terza parola è carità (amore): è l’amore che illumina la fede e la speranza come parole poetiche” – M.Recalcati

— “c’è chi è toccato dalla fede e chi si limita a coltivare la speranza” – De Andrè (toccare, esperienza di contatto, che “sigilla” la fiducia).

— la speranza si concepisce nel futuro (e il futuro è qualcosa che ci sembra distante)

— sulla fede e il vedere:

il divino è l’irrazionale (non conoscibile, non controllabile, illuminante ma non illuminato)

— fede come ricerca – di risvegliare un senso, di poter vedere la verità. 

— fede come ricerca e speranza della luce. La luce estrema è il colore bianco (tutti i colori sono scomparsi, vacuità); è un paesaggio/mondo cosí “alto” rispetto a noi (ancora, distante) che non ne avvertiamo il suono (che è vibrazione, frequenza, come lo è la luce). Sentiamo un immenso silenzio, che puó apparire freddo, invalicabile, indistruttibile, infinito. “Il bianco è un silenzio non morto, ricco di potenzialità” (W.Kandinskj, Lo spirituale nell’arte), è forse un silenzio che sa, come a dire che è un linguaggio che non intendiamo, ma che ci consegna a un possibile (incontro). Al buio (colore nero) non vediamo, non troviamo speranza.

— “miracolo”, dal verbo mirari = meravigliarsi: “il miracolo è il meraviglioso a cui ci è permesso di assistere (avvicinanento). Il vero miracolo è la manifestazione di quello che prima non vedevi, ma che era sempre stato lí” (Colamedici, Gancitano)

Procedi piano. Lascia che la mano
esegua il fragile dettato. 

Abbi fede in quel niente
che viene – quel niente che succede.
Non prendere la parola.
Lascia sia lei da sola. Diventa tu
la preda. Sia lei che ti cattura. 

Mariangela Gualtieri (da “Quando non morivo”, Einaudi, Torino, 2019)

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da Nostalghia / Tarkovskij