« Ogni cosa che diciamo di qualcosa, dice qualcosa di noi », scrive lo psicanalista James Hillman sottolineando come ogni gesto, frase e parola non possano prescindere dalla nostra psiche. Per restare in contatto con il mondo dobbiamo mettere da parte l’io. Nel testo « La politica della bellezza », Hillman ricostruisce la relazione tra silenzio, arte, psiche e immaginazione, e a proprio a queste pagine si ispira il ciclo espositivo « il diritto al silenzio », che ha inaugurato in questi giorni a CasermArcheologica.
« Il silenzio presuppone una vita interiore », scrive Hillman. È il contrario di una pratica « vuota » » oggi più che mai è una scelta ferma, un vero e proprio atto politico. E le sale di CasermArcheologica, con le opere di Elio Mariucci, Ilaria Margutti e Matteo Lucca sono l’occasione per concedere spazio al silenzio. A cercarlo, perseguirlo come una risorsa. Le sardine di Elio Mariucci, gli alberi/radici di Ilaria Margotti e le sculture di pane di Matteo Lucca sono opere molto diverse tra loro, che condividono un processo partecipato. Ognuna di queste mostre è infatti il risultato di un laboratorio collaborativo, partecipato, gratuito e aperto al pubblico, che si è tenuto a CasermArcheologica nelle scorse settimane.
« Officina delle sardine » di Mariucci è il luogo in cui la produzione di stampo seriale incontra l’impronta del fare. Le sardine hanno forma identica e sono tutte diverse, costruite a partire da scampoli, frammenti, piccoli residui di materia aggregati in nome di un simbolo.
« Il giardino delle somiglianze » di Margutti è l’esplorazione organica dello spazio interiore, di legami aerei eppure palpabili; una riflessione del giardino come spazio di scambio, intreccio e congiunzione, di « anima lavorata », per usare un’altra espressione di Hillman.
« Tienimi. Il gesto della parola » di Lucca nasce dall’incontro con l’altro. Dalla saggezza dei calchi e dalla bellezza dei gesti, dell’aspettare, degli incontri. Dalla capacità che ha l’arte di farsi racconto e di fermarlo in un’immagine, in una forma.
Sabato scorso era giorno di inaugurazione. Chi ha partecipato alla creazione delle opere è tornato a vederle. C’è chi ha portato qualcuno con sé. Chi ha scoperto sale che non conosceva ancora. Chi di questi progetti non sapeva nulla, e negli spazi di CasermArcheologica è entrato a curiosare per la prima volta. Qualcuno ha sfogliato Hillman. Qualcun altro si è accomodato in poltrona. Un rito collettivo, silenzioso e libero, un lungo attimo sospeso nato dal desiderio di avvicinare l’arte alle persone, che nel silenzio ha cercato di aprire una nuova strada verso l’incontro e l’immaginazione.