“C’è differenza tra il dolore e la sofferenza. Il dolore lo si prova tutti, tutta la vita, si cerca di tenerlo dentro; la sofferenza si riflette davanti ai nostri occhi”.
Questo un dialogo tratto da una serie televisiva, dove l’arancione della prigionia è il colore onnipresente e i cui stati d’animo potremmo immaginare di sostituirli con “felicità” e “contentezza”.
Si provano così tante sfumature di emozioni, a diversi livelli di intensità, che a ordinarle tutte sembra di avere davanti una di quelle confezioni di colori appena comprate, in cui sono tutti in fila ordinata: dal colore più caldo a quello più freddo, basterebbe poi aggiungere una punta di bianco o di nero per rendere queste gradazioni infinite…
Il colore lo si può dare veloce, forte e breve come Van Gogh o con il rullo, in modo lento, perfettamente coprente e ben steso come l’imbianchino.
Il coraggio sta nel dargli libero sfogo con ogni mezzo necessario.
Abbiamo milioni di modi per farlo, migliaia di anni di musica, di danza, di caccia, di sesso, di sogni, fino ad arrivare a oggi.
Miliardi di leggi per decretare quali emozioni sono consentite e quali no.
A volte non si può, ma si fa lo stesso e allora le lasciamo venir fuori…se potessimo sommare l’infinita grandezza di quanto è stato accumulato, se potessimo renderci conto da dove proveniamo, allora sì che avremmo pura libertà.
Abbiamo già visto mezzo mondo: l’acqua era la matrice dei sogni, la gente rideva, non si sentiva il vento entrare negli spifferi delle grondaie e delle serrande, bensì era un tumulto tra i rami degli alberi, così forte che si afferravano parole cantate di una lingua sconosciuta.
Le vene si ricordano questo. La samba. la rumba e… “se non sai cos’è, allora è jazz!” diceva un certo pianista a bordo della nave di Novecento.
Oggi bisogna prenotarsi il posto, a qualsiasi costo.
Oggi la debolezza non è ammessa.
Oggi tutti devono vincere.
Alla lotteria,
alle elezioni,
contro il cancro,
vincere una causa, vincere i mondiali, vincere la fiera dei talenti.
Le scuole sono le prime fabbriche che insegnano a indossare scarpe strette e una corda, di quelle con un bel nodo da impiccagione, stretto al collo, ben eseguito e di diverse fantasie. Un nodo per ciascuno style.
E poi correre a farci prendere un tram in orario,
a far parlare chi ha già parlato troppo,
a sdrammatizzare,
a aumentare i suicidi aziendali.
Gli dei da venerare sono cambiati.
Ѐ facile avere già i confini delimitati da qualcun’altro, pensare di essere liberi di scegliere tra le proposte che ci sono consentite perché ripetute. Difficile è inventare, ideare, rendere possibile ai sensi altrui un sogno.
Rigenerazione è dare spazio alla creatività che ci appartiene.
Ri, un processo che si ripete. Generare, dare vita a qualcosa.
Rigenerare. Già c’è, bisogna scoprirlo e ottenere la libertà di poterlo respirare di nuovo.