Azzurra D’Agostino

Azzurra D’Agostino, drammaturga e poetessa

Tutta la vita arrivò

(Azzurra D’Agostino)

Tutta la vita arrivò e mi stava accanto 

come la madre di notte sta alla culla

l’orecchio proteso verso il respiro 

del tuo sangue che non sei tu.

Tutta la vita arrivò e mi accadeva

come si apparecchia la tavola, distratti

è nelle cucine che si dicono i segreti e li lava

l’acqua dei piatti, li spuntano i coltelli.

Tutta la vita arrivò e mi chiedeva

di posare una pietra per i miei morti

di contarli e nominarli e tra quei nomi

c’era il mio, e dei tanti che sono vivi.

Tutta la vita mi arrivò e mi insegnava

che gli eserciti non marciano in fila

che solo i viandanti che camminano 

in silenzio condividono la parola.

Tutta la vita mi arrivò e mi donava

licheni, pozze di luce, foglie, città, amuleti

e quanta devastazione, che dolore, che paura

e allora mi donava anche un canto.

Tutta la vita mi arrivò e mi attraversava

come i movimenti di una danza sacra

io non sapevo bene i passi ma contava

che qualcuno che non conosco ballasse anche per me.

Tutta la vita mi arrivò e mi toglieva

aggiungendo troppo, non so se un neonato

nudo sia meno forte di un guerriero armato

ma posso sperare che il forte difenda il debole.

Tutta la vita mi arrivò e mi consegnava

ogni giorno una domanda. La portava un messaggero

sempre diverso: una casa venduta, un amore perso,

il corpo che cambia, una stagione, le stelle senza fondo.

Tutta la vita mi arrivò e arrivava

insieme agli altri. Oh, erano tanti, milioni e milioni.  

Ci perdevamo insieme senza saperlo di essere insieme

di avere la stessa fede: il luminoso sogno di non essere da soli.

Cungi, 27 febbraio 2020, luna piena.


Testi all’arrivo: ogni artista, sollecitato/a dal testo Sfidare la fede, di Emmanuele Curti,
ha contribuito con una raccolta di riflessioni, proprie e/o di altri autori, prima dell’arrivo in residenza.

“Se conoscere e conosciuto sono tutt’uno

Così che conoscere un uomo è essere

Quell’ uomo, conoscere un luogo è essere 

Quel luogo, e sembra questo il senso di fondo;

E se conoscere un uomo è conoscere tutti

E se il nostro senso di un luogo singolo

È quel che sappiamo dell’universo,

Allora conoscere è la sola vita,

Il solo sole del solo giorno,

Il solo accesso al vero agio,

Il profondo conforto di vita e fato.”

(Stevens ‘Il mondo come meditazione’)

Le parole che per me si collegano a fede sono: grazia, sacro, rito. Oltre che fiducia, sfidare, affidarsi. Ha a che fare con l’abitabilità del mondo, il maneggiare le cose invisibili. Non so se del tutto anche la parola ‘religione’. Forse in questo senso qui. “Spesso il capitalismo viene interpretato come religione. Ma. Se s’intende la religione nei termini di religare, quindi del legare, ecco che il capitalismo è tutt’altro che una religione, poiché gli manca qualsiasi capacità di riunire e mettere in comune. Anche il denaro ha un effetto individualizzante e atomizzante: eleva la mia libertà individuale liberandomi da un legame personale con gli altri. In cambio di un pagamento io faccio lavorare qualcun altro al posto mio senza instaurare con lui un rapporto personale. Inoltre, per la religione è essenziale il riposo contemplativo, che però è l’immagine opposta del capitale. Il capitale non riposa, secondo la propria natura deve di continuo lavorare ed essere in movimento, e l’essere umano finisce per assomigliargli nel momento in cui smarrisce ogni capacità di riposare in maniera contemplativa. La distinzione tra sacro e profano, peraltro, appartiene fondamentalmente alla religione. Il sacro riunisce quelle cose e quei valori che animano una comunità, la messa in comune è il suo tratto fondamentale. Il capitalismo, invece, livella ogni distinzione totalizzando il profano. (…) Il capitalismo non è narrativo. Non racconta nulla, conta soltanto, e sottrae al tempo qualsiasi significato, lo profana rendendolo tempo del lavoro. Così le giornate si somigliano tutte”. (Byung-Chul Han, La scomparsa dei riti, Nottetempo, 2021). Ecco dentro di me cerco ora una fede che sia capacità di spazio contemplativo, di sottrazione alla produzione e alla (auto)promozione, cerco durata e festa. Festa e gioco, come l’antico giullare sacro, alterità assoluta, cardine secondo un contatto col caos, il senso del singolo luogo come conoscenza dell’universo, il profondo conforto di vita e fato